L’ecosostenibilità addosso

Ma come ti vesti?

Condotto dagli spietati Enzo Miccio e Carla Gozzi, questo programma televisivo aveva come obiettivo quello di far emergere la personalità e la bellezza delle persone che venivano segnalate da amici o parenti a causa di un look esagerato o troppo trasandato.

Al di là del riferimento al format che ci è subito venuto in mente e che, per inciso, ha dato seguito a un ebook e allo sviluppo dei relativi canali social, la domanda Ma come ti vesti?, ogni tanto dovremmo proprio porcela! O meglio, dovremmo chiederci: ma quanto bene mi vesto? La mia eleganza è sostenibile? Perché, oltre che all’aspetto estetico, oggi più che mai le nostre scelte non possono prescindere da aspetti legati all’etica e alla sostenibilità. 

Essere alla moda è da sempre un’esigenza talmente diffusa e maniacale, che ha portato l’industria dell’abbigliamento a crescere senza farsi troppe domande sull’impatto ambientale della produzione. Di conseguenza è la più inquinante al mondo, dopo quella petrolifera. Chi avrebbe potuto immaginarlo? Eppure, è così. Quando vogliamo essere alla moda, ci sentiamo perfette fashion-victim, costruiamo un’immagine di noi stessi attraverso la scelta di un determinato dress code, ci sentiamo glam, ma rischiamo di dare un gran contributo all’inquinamento dell’ambiente. 

Oggi il trend punta su una maggior consapevolezza da parte di stilisti, fabbricanti e consumatori: il tema della sostenibilità ambientale ha iniziato a condizionare positivamente la scelta dei materiali, delle tecniche di produzione, delle modalità di lavaggio e il tema del riciclo.  C’è una piccola fetta di mercato che riesce a conciliare il profitto con un approccio eco-sostenibile, che si sta ritagliando spazi e consensi presso i consumatori più attenti ma che deve fare i conti con la cosiddetta “fast fashion” di bassa qualità ed altamente inquinante.

Se la sostenibilità punta alla diminuzione delle emissioni e dell’inquinamento e al benessere dei lavoratori della filiera, il pronto moda non risponde ad alcuno di questi criteri: viene realizzato con tessuti sintetici derivanti dalla trasformazione chimica del petrolio da lavoratori spesso minorenni e scarsamente protetti da leggi anti sfruttamento. Per questi capi di abbigliamento, tutto il ciclo di vita del prodotto rappresenta una vera e propria minaccia per il Pianeta: anche lo smaltimento o il riciclo sono difficili e antieconomici a tal punto da finire in un inceneritore insieme alla spazzatura indifferenziata con un ulteriore impatto negativo sull’ambiente. 

Ma i tempi sono maturi, la moda “green”, sostenibile ed ecologica, può crescere e lo dimostrano sia la maggior attenzione delle grandi marche nei confronti dell’ambiente, sia eventi di rilevanza mondiale come la Vegan Fashion Week di Los Angeles, dove si punta ad una moda che utilizzi materiali biologici, di origine vegetale, biodegradabili o riciclabili, eliminando completamente l’uso di pelle, lana, piume e pellicce. Molti stilisti guardano al rapporto tra moda, agricoltura, cambiamento climatico e inquinamento con un atteggiamento più consapevole e maturo. Anche i vip fanno la loro parte e invitano i followers a scegliere abbigliamento “animal free” 😃

Quali sono le aziende che oggi lavorano per ridurre l’impatto della moda sul Pianeta? Marchi come Adidas, H&M, Levi’s, Nike, Puma e Zara ma anche piccole o medie aziende del made in Italy stanno investendo moltissimo in moderne tecniche di riciclo dei materiali e processi produttivi a basse emissioni.

Questo significa che si può scegliere e fare la differenza. Ma come è possibile identificare in un capo di abbigliamento il ricorso a sostanze tossiche, scarsamente biodegradabili, la presenza di materiali addirittura nocivi? Come si identificano i materiali facilmente biodegradabili o riciclabili, ecologici? La certificazione dei capi che rispondono ai criteri eco e sostenibili esiste ed è rilasciata da enti appositi che verificano e certificano l’origine e la qualità dei materiali impiegati e il rispetto dei lavoratori.  Ma attenzione, ci sono aziende serie ed aziende che cavalcano questo crescente interesse per l’ambiente facendo “greenwashing”, impostando cioè la propria ingannevole campagna di comunicazione su un impegno e una coscienza in realtà inesistenti.

Rinunciare al “fast fashion” è, non solo possibile, ma indispensabile se si vuole proteggere il nostro Pianeta ed essere solidali con i lavoratori dei Paesi emergenti, ridurre l’inquinamento e incentivare le produzioni locali. 

L’obiezione che alcuni sollevano è il prezzo più elevato, ma il fatto che i capi durino di più compensa la differenza. Ci avete mai pensato? La maggior durata dell’abbigliamento determina una minor quantità di rifiuti e contribuisce alla diminuzione della produzione. Per questo motivo è addirittura nata un’iniziativa, “wear me 30 times” che invita le persone ad indossare un capo almeno 30 volte, per poi “swapparlo”, scambiarlo o barattarlo, oppure regalarlo.

La pandemia in un certo senso ha favorito un cambio di rotta da parte dei consumatori, lo afferma uno studio di McKinsey che rivela che il 57% degli acquirenti ha compiuto “cambiamenti significativi nello stile di vita per ridurre l’impatto sull’ambiente”. Altri hanno tagliato le spese sugli acquisti fashion mostrando un approccio più ecosostenibile. In un periodo nel quale le occasioni di sfoggiare un certo look sono necessariamente ridotte, sono stati rivalutati i concetti di qualità e durata e, come evidenzia il sito Globenewswire, ormai i consumatori sono più propensi a scegliere aziende che rispettano l’ambiente, l’uomo e gli animali.

Ognuno di noi può dimostrare di avere a cuore il futuro del mondo, con le proprie scelte responsabili e consapevoli. Evitando di acquistare prodotti inquinanti, ad esempio, porta a un doppio risultato: un beneficio per la natura e un cambio di passo dei produttori, che devono adeguarsi alle aspettative dei consumatori. Utilizzando i capi più a lungo, si riducono le emissioni e i rifiuti. E tu, che tipo di consumatore sei? 

Noi di Purehomeideas facciamo la nostra parte ed abbiamo concepito un’asciugatrice-stiratrice che ti permette di asciugare velocemente i tuoi capi, addirittura stirandoli con dei flussi d’aria verticali. Potrai indossarli anche ben oltre le 30 volte di cui abbiamo scritto sopra, perché questo metodo di asciugatura non rovina i tessuti 😉

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